La campagna della Fai-Cisl contro lo sfruttamento. Giorni: “Eravamo abituati a pensare che in Toscana non esistesse, ma oggi non è più così.”
Parte anche in Toscana ‘Sos caporalato’, la campagna contro lo sfruttamento dei lavoratori nel settore agroalimentare, lanciata a livello nazionale dalla Fai-Cisl.L’obiettivo è quello di raccogliere, tramite numero verde (800-199-100) e social, le denunce di quanti lavorano in condizioni di sfruttamento e illegalità nell’agroalimentare. Le segnalazioni serviranno per un monitoraggio sull’evoluzione del fenomeno e consentiranno anche di dare voce a tante lavoratrici e tanti lavoratori vittime di caporalato.
Il numero verde non è casuale: 199 è il numero della legge contro il caporalato, entrata in vigore due anni fa, ma ancora poco conosciuta. Farla conoscere di più alle persone coinvolte è proprio uno degli obiettivi della campagna.
“Eravamo abituati a pensare che certe cose in Toscana non accadessero – dice il segretario regionale Fai, Patrizio Giorni – e invece oggi non è più così: il caporalato c’è anche nella nostra regione e riguarda per lo più lavoratori stranieri, comunitari e non. Noi avevamo denunciato questo pericolo e negli ultimi anni lo hanno dimostrato numerose operazioni delle forze dell’ordine compiute in varie parti della nostra regione e inchieste giornalistiche.”
Giorni poi boccia l’ipotesi di reintrodurre i voucher in agricoltura, caldeggiata da alcuni esponenti del governo. “Un eventuale ritorno al voucher nel settore agricolo – afferma il segretario Fai Toscana – sarebbe inutile e dannoso. Inutile, perché nel settore esistono già gli strumenti in grado di garantire estrema flessibilità, con tipologie contrattuali che possono assicurare alle imprese anche lavoro a giornata. Dannosso, perché il voucher non assicura al lavoratore le necessarie garanzie previdenziali e assistenziali. I voucher non garantiscono infatti le minime prestazioni a sostegno del reddito come la disoccupazione agricola, la maternità, gli assegni familiari, l’infortunio e la malattia. Di fatto sono dei veri caporali di carta. L’agricoltura ha bisogno di guardare avanti!! Non di tornare indietro di un anno.”
Il caporalato in Italia – Sono centinaia di migliaia in Italia le lavoratrici e i lavoratori che trovano un impiego tramite i caporali, e uno su quattro vive forme di grave assoggettamento dovuto a condizioni abitative e ambientali paraschiavistiche. Il 60% di chi è costretto a lavorare sotto caporale, la maggior parte stranieri, non ha accesso ai servizi igienici e all’acqua corrente. Più del 70% presenta malattie non riscontrate prima dell’inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. E poi ci sono i danni economici: in termini di mancanto gettito contributivo il caporalato ci costa più di 600 milioni di euro l’anno. Il peso dell’illegalità e dell’infiltrazione mafiosa nell’intero settore è stimato in circa 12,5 miliardi. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore di circa il 50% di quello previsto dai contratti di lavoro (25-30 euro per giornate di lavoro anche di 12 ore) e senza alcuna tutela previdenziale o infortunistica.