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Arborea San Ginese (Capannori), ieri il nuovo tavolo di Crisi in Regione Toscana: sottoscritto l’accordo per la richiesta di cassa integrazione straordinaria e per lo sviluppo di un complesso ma concreto percorso di reindustrializzazione. Flai Cgil e Fai Cisl: “Un primo passo nella direzione auspicata, monitoreremo attentamente la situazione”

Firenze, 02-04-2022 – Si è concluso ieri sera i il nuovo tavolo regionale sulla vertenza della fabbrica San Ginese di Capannori (Arborea), dopo che i tavoli tecnici si erano conclusi con un niente di fatto. La Regione ha infatti riconvocato le parti rendendosi parte attiva nella ricerca di un accordo capace sia di tutelare i lavoratori che il territorio.

Dopo due mesi di incontri e di trattative nel tardo pomeriggio di sabato l’azienda ha accettato di siglare l’accordo con la Rsu rappresentata da Marina Biasuzzi, le organizzazioni sindacali della Flai-CGIL rappresentata da Mirko Borselli, della Fai-Cisl rappresentata da Massimiliano Gori e Amedeo Sabato e con la Confederazione Regionale della CGIL rappresentata da Mirko Lami.
L’accordo prevede l’individuazione da parte dell’azienda di un ADVISOR a cui verrà conferito il mandato per trovare nuovi acquirenti, mettendo a disposizione le attrezzature, i fondi ed il marchio San Ginese .
Nello stesso accordo è prevista l’apertura della Cigs oltre ad un piano di incentivazione all’esodo finanziato da Arborea per tutti i lavoratori e le lavoratrici, l’impegno della Regione ad aprire un percorso di politiche attive per le maestranze volto anche al loro reinserimento nel mercato del lavoro con nuove mansioni. Le Organizzazioni sindacali, ritengono importante il risultato ottenuto, per niente scontato, di fronte ad un’azienda che da tempo ha mostrato di voler lasciare il territorio toscano, concentrandosi solo su quello sardo.
Purtroppo le leggi italiane danno ancora la possibilità alle aziende di abbandonare i siti produttivi, lasciando le maestranze senza lavoro e senza futuro, la sottoscrizione dell’accordo permette di utilizzare gli insufficienti strumenti legislativi per rendere possibile la reindustrializzazione della fabbrica.