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In un precedente articolo dedicato alla disoccupazione agricola, che potete leggere qui, abbiamo parlato di:

– cos’è la disoccupazione agricola, 

– chi ne ha diritto, 

– chi ne è esonerato, 

– i requisiti per ottenerla e 

– come noi di FAI CISL Toscana ci stiamo impegnando per diminuirla. 

Una cosa di cui non abbiamo parlato è come funziona realmente, ma per comprenderlo dobbiamo fare una premessa. 

Secondo i Conti Territoriali dell’ISTAT, in Toscana, le persone che lavorano nel settore dell’agricoltura, viticoltura e della pesca, sono attualmente 51mila. La quasi totalità di queste persone lavora nel comparto delle produzioni vegetali e animali, caccia e servizi connessi.

La cosa positiva è che il numero di persone che ha lavorato in questi settore è rimasto per lo più stabile, di conseguenza non è stato riscontrato un calo del lavoro. Allo stesso tempo però la maggioranza dei contratti di lavoro, nel settore dell’agricoltura, inizia a finisce durante l’anno, generalmente in corrispondenza di lavorazioni specifiche, come la semina e la raccolta, che determinano un aumento della domanda di lavoro. 

Questo significa che il lavoro agricolo di per sé non garantisce continuità lavorativa, anzi al contrario il lavoro agricolo si caratterizza per una certa fluidità lavorativa che dipende e varia dalla stagionalità delle coltivazioni e dall’andamento della stagione stessa. 

Questo dato lo dobbiamo accostare a un cambiamento che sta avvenendo in questo settore. Sebbene quasi la metà dei lavoratori agricoli in Toscana sia indipendente, nel corso degli ultimi anni la forbice tra lavoro agricolo autonomo e dipendente si è allargata a favore di quest’ultimo. Questo è successo perché c’è stata una maggiore strutturazione delle aziende agricole e una fuoriuscita dal settore di quelle meno orientate al mercato. Di conseguenza questa situazione ha determinato un aumento delle domande di lavoro dipendente, che sostituisce la manodopera familiare. 

Quindi la situazione che ci troviamo davanti è la seguente: In Toscana, nonostante ci sia ancora una maggioranza di aziende indipendenti, il lavoro dipendente è aumentato. Di questo lavoro dipendente la maggioranza ha contratti annuali dettati dalla stagionalità del lavoro stesso (la lavorazione a tempo indeterminato si è ridotta del 50%). 

Ora il nostro discorso era partito dalla disoccupazione agricola, perché abbiamo fatto questo grosso preambolo? 

Lo abbiamo fatto perché questa situazione sta cambiando anche lo stesso concetto di disoccupazione agricola. Se i lavoratori in un altro settore ricevono al disoccupazione solo nel momento in cui rimangono senza lavoro, la stessa cosa non la possiamo dire per il settore agricolo. Infatti, nel settore agricolo dati tutti i fattori precedentemente detti (aumento della manodopera dipendente, lavori stagionali di massimo un anno, il lavoro fluido ecc.) la disoccupazione agricola non viene data solo nel momento in cui il lavoratore rimane senza lavoro, ma viene data come integrazione del reddito. 

Cosa intendiamo dire. La disoccupazione agricola, non viene pagata nel momento in cui un lavoratore ne fa richiesta, come avviene per la NASPI o  la disoccupazione in generale. La disoccupazione agricola viene pagata l’anno successivo, anche se il lavoratore sta lavorando in quel momento. Di conseguenza la disoccupazione agricola va a integrare il percepito del lavoratore sulle giornate non lavorate dell’anno precedente. 

In sostanza quello che nel precedente articolo non avevamo detto sulla disoccupazione agricola è che si differenzia dal concetto canonico di disoccupazione, risultando essere una forma di integrazione dello stipendio percepito. 

Ricordiamo che la domanda può essere inviata dal primo gennaio al trentuno di marzo di ogni anno e noi della FAI CISL Toscana possiamo precaricarla anche oggi stesso se passi per i nostri uffici o ci contatti.

L’obiettivo di noi FAI CISL come sindacato è quello di cercare di regolarizzare i contratti, cercare di ottenere nuovi posti di lavoro, magari che si vanno ad integrare con il lavoro di base stagionale, in modo che la disoccupazione agricola torni ad essere un sussidio per la mancanza di lavoro e non una necessità dovuta alla tipologia di lavoro precario e fluido che si sta prospettando. 

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